di Leonora Berneschi
Tra gli abitati del versante sud-ovest del comune di Capolona, ha un posto di rilievo Pieve a Sietina (o Pieve di Sietina). Si trova sul finire della collina, poco distante dal fiume Arno. La strada di accesso è la provinciale dello Spicchio che, in direzione Capolona, dopo aver superato Castelluccio, si dirama dirigendosi verso l’Arno proprio dove una passerella pedonale in legno, lo traversa raggiungendo Giovi. L’abitato di cui si tratta è di aspetto tipicamente medievale, tranne il campanile a vela in mattoni che risulta in evidente disarmonia con il resto. Esso è composto da una piccola ma deliziosa Pieve, unico monumento artistico presente nel territorio comunale, a fianco della quale è situata una villa in origine abitazione del pievano o dimora della famiglia Bacci, ai quali appartenne, secondo le tracce trovate, interamente fino al 1373 (Baccio di Magjo di Baccio) e parzialmente (metà era diventata proprietà del popolo) fino al 1583; completano l’abitato due casolari con annessi, ubicati dalla parte opposta della strada.
L’origine dell’abitato è certamente etrusca e si pensa che a Sietina esistesse un luogo di culto pagano in onore di Saturno “Satres”, forse addirittura un tempio. Nell’antichità il tempio era il centro economico e sociale della comunità; lì si ritrovavano gli abitanti di tutti i villaggi vicini per trattare ogni sorta di affare e la religione era legata allo sviluppo economico e sociale della comunità.
La via etrusca, in epoca romana, divenne una via vicinale che proveniva dal piano di Quarata, traversava l’Arno a Vado e lo riattraversava dopo Sietina vicino a La Lama ricongiungendosi alla via casentinese. Proprio in epoca romana si pensa che qualche famiglia patrizia si sia interessata all’abitato e vi abbia costruito la propria villa dando vita ad un podere. L’insediamento romano è provato dalla presenza di travertino tra le mura della pieve.
In questo periodo presumibilmente, il “tempio” di Sietina è rimasto centro economico e sociale e progressivamente ha vissuto la trasformazione della romanità da pagana a cristiana.
La presenza di un capitello corinzio (trafugato nel 1980) sorretto da una colonna di porfido, rende certa l’esistenza a Sietina di una pieve paleocristiana costruita, come si usava fare, con materiali provenienti da edifici pagani. Anche il pozzo davanti alle absidi conferma questa tesi, in quanto avere prossima l’acqua per battezzare era condizione imprescindibile per la costruzione di una pieve.
In epoca di scorribande barbariche, ad impero romano decaduto, probabilmente l’abitato è stato abbandonato dai “romani” e “occupato” dai dominatori longobardi i quali hanno lasciato tracce nei casolari di Sietina e della Busenga. Scompare l’antica pieve e, già agli inizi dell’anno 1000 (tracce indicano il 1022) viene costruita la pieve attuale.
La struttura dell’attuale costruzione, pur molto semplice, rispetta le principali caratteristiche delle pievi: absidi rivolte verso oriente; tre navate separate da grandi arcate; copertura a tetto con travi a vista. I pilastri a sostegno degli archi sono senza motivi architettonici, risentono delle nuove tecniche di costruzione portate avanti da lavoratori della pietra originari del lago di Como; le mura sono in pietra arenaria locale; l’interno è intonacato, privo di decorazioni scultoree ma ricco di affreschi. L’edificio appare “schiacciato” in quanto, per contrastare l’umidità sono stati stratificati più pavimenti riducendone l’altezza; la facciata è stata modificata nel 1720 con l’inserimento di una finestra rettangolare, che la differenzia dalle altre pievi presenti nel territorio, forse in sostituzione del più classico rosone e con la costruzione del vistoso campanile a vela in mattoni.
La corrente culturale cui si può riferire la pieve nel complesso, e nonostante le moltiplici trasformazioni che ha subìto, è pre-romanica cioè quell’architettura che faceva intravedere un primo rinnovamento che poi, dopo lunga maturazione, porterà allo stile romanico.
A sostegno di questa tesi sono alcuni elementi presenti nella struttura della pieve: un frammento di cornice murato nella parte bassa del fabbricato; una transenna di finestra sulla parete sinistra della navata centrale; un coronamento di pietra locale nell’abside destra.
Anche l’estensione territoriale facente capo alla pieve è elemento distintivo della sua origine; le pievi con ampio territorio nella giurisdizione sono da ritenersi sicuramente di origine paleocristiana. Ora, risulta che S. Maria di Sietina avesse sotto la sua giurisdizione la chiesa di S. Angelo a Fabriciano (oggi Castelluccio di sicuro dal 1770), la chiesa di S. Pietro di Nofio (Campoluci), quella di S. Felicitatis in villa S. Felicitatis (Petrognano) e, dal 1303, anche la chiesa di S. Gennaro di Capolona dalle quali riscuoteva le decime e, quattro chiese in confronto alle ventotto o trenta di altre pievi, sono pochissime, ma si pensa che la riduzione territoriale ai stata conseguenza delle invasioni barbariche e sia andata a vantaggio delle pievi altomedievali di S. Giovanni e S. Martino sopr’Arno.
In epoca medievale le famiglie ricche prendevano sotto il proprio “patronato” le chiese situate nelle loro proprietà e risulta che dal 1373 la famiglia Bacci avesse il patronato su Sietina e proprio sotto questo patronato fu fatta affrescare la pieve. Gli affreschi più antichi sono trecenteschi e si riferiscono ai quattro santi dipinti sopra l’arcata destra del presbiterio (di essi si riconosce solo S. Pietro […descrizione…]) e al santo vescovo (forse S. Donato, forse S. Biagio) nel pilastro tra la seconda e la terza arcata destra. Questi dipinti sono attribuiti a Pier Paolo Donati, un pittore contemporaneo a Spinello. Altri dipinti, sempre al modo di Spinello che ormai aveva influenzato la pittura aretina, furono realizzati alla fine del secolo XIV: la Maddalena penitente nel deserto […descrizione…]; la caratteristica rappresentazione della Trinità (…[descrizione…] tre volti riuniti da un’unica tunica dalla quale escono due mani che reggono un libro); la Madonna (della tosse?) in trono col bambino e due Sante ai lati.
Un po’ più tardi, fine del 1300 inizio del 1400, furono eseguiti altri affreschi interessanti: un personaggio seduto in cattedra con il pastorale nella mano destra e la sinistra sopra un libro chiuso che fa pensare ad un monaco benedettino o forse a S. Agostino e, nella parete di fronte, S. Cristoforo che attraversa il fiume con il bambino sulle spalle.
Nel 1400 la pieve è stata arricchita da numerosi, anche se semplici, affreschi ad opera di artisti ignoti che imitano i modi di Lorentino (allievo di Piero della Francesca) e del figlio Don Agnolo. Questi due artisti producevano una pittura povera nelle forme e nei soggetti, dunque erano semplici da imitare e la famiglia Bacci, ancora patrona della pieve e del suo circondario, aveva poche disponibilità per Sietina in quanto impegnata economicamente nel far dipingere la cappella centrale di S. Francesco in Arezzo.
Di queste pitture quattrocentesche appaiono interessanti: una Madonna in trono con bambino; un affresco su tutta la terza arcata (S. Antonio abate, una Madonna col bambino in braccio, S. Agata, un altro Santo non identificabile datato 1495); nella parete in fondo una S.S. Annunziata (1490); nella parete sinistra S. Bernardino da Siena.
IL PERIODO RINASCIMENTALE
Nel catino dell’abside destra si individuano alcuni dipinti illeggibili probabilmente eseguiti su due strati sovrapposti di intonaco: il primo datato 1514, il secondo datato 1605 quindi rinascimentali.
Nella monofora dell’abside centrale c’è una piccola vetrata che rappresenta la Maddalena patrona della pieve attribuita, non in modo univoco, al Marcillat morto ad Arezzo nel 1529.
All’inizio del 1600 era pievano Del Nero e fu lui a traslocare in fondo alla navata destra il fonte battesimale. Dopo ciò sulla parete attigua fu raffigurato il battesimo di Gesù che oggi risulta molto deteriorato, ma è riconoscibile una buona mano, forse un seguace di Salvi Castellucci.
Di epoca rinascimentale è il tabernacolo ligneo e il portale principale in pietra.
Risulta che nel 1583 Sietina appartenesse per metà al popolo e per metà ancora alla famiglia Bacci e che versasse uno staio di grano a stagione per il mantenimento dei seminaristi.
Nel 1654 la pieve era retta dal pievano Annibale Bacci il quale operò una ristrutturazione della pieve elegantiorem formam, sostituendo molte opere del passato con altre di poco pregio come ad esempio il pulpito in legno.